A partire dal 2010 obbligo di lasciare le impronte digitali per chiunque vorrà rinnovare la carta di identità. Lo stabilisce un emendamento approvato con voto bipartisan dalle commissioni Bilancio e Finanza della Camera. Il centrodestra, che in questo modo riesce a evitare le accuse di razzismo per la decisione di schedare i rom, esulta: «Polemiche strumentali». Il centrosinistra canta vittoria: «Abbiamo eliminato una discriminazione». La misura è già in vigore, ma solo in maniera facoltativa. In futuro invece saranno tutti meno liberi.
Il governo nasconde le accuse di razzismo dietro dieci dita. Quelle che presto tutti noi saremo obbligati a porgere per farci prendere le impronte digitali se vorremo avere una carta di identità. Una schedatura di massa che, per una volta, mette d'accordo maggioranza e opposizione, con quest'ultima convinta che rilevare le impronte a tutti gli italiani sia un buon modo per impedire la discriminazione verso i rom.
La decisione di rendere obbligatorio il prelievo delle impronte è contenuta in un emendamento presentato la scorsa notte al decreto legge sulla manovra finanziaria da alcuni deputati del Pdl in commissione Bilancio e Finanze. La modifica riguardava il prolungamento della validità delle nuove carte di identità, che viene estesa dagli attuali 5 anni a 10. Con in aggiunta anche l'obbligo - da parte di chi richiede il documento - di rilasciare le impronte digitali. Per il centrodestra l'emendamento è un modo per aggirare le accuse di razzismo con cui l'Unione europea, ma non solo, ha bollato la decisione del ministro degli Interni Maroni di prendere le impronte ai rom, bambini compresi. Per il centrosinistra, invece, l'allargamento della schedatura è visto come una vittoria. In questo modo, spiega infatti Antonio Misiani, del Pd, «si disinnesca la questione rom. Ora le impronte saranno prese a tutti». «Abbiano tolto una misura oggettivamente discriminatoria», aggiunge il collega di partito Giulio Calvisi. «Non dimentichiamo che oggi le impronte vengono prese ai richiedenti asilo, agli immigrati rinchiusi nei Cpt, a quelli espulsi e a quanti chiedono di entrare nel nostro Paese per lavorare». Esulta anche il ministro Maroni, per il quale il voto bipartisan delle commissioni «conferma che è giusta la strada» intrapresa dal Viminale. L'estensione del rilevamento delle impronte, prosegue Maroni, «aumenta il livello di controllo e la sicurezza».
Proprio ieri il garante della privacy Francesco Pizzetti, nel presentare l'annuale relazione al parlamento, aveva chiesto una maggiore prudenza nel rilevare le impronte sottolineando il pericolo di possibili discriminazioni. Anche se, aveva poi aggiunto, il discorso cambia «se il prelievo riguarda tutti, con regole stabilite dal parlamento e adeguate garanzie». Un via libera di fatto alla decisione presa durante la notte dalle commissioni. Così come un via libera è arrivato questa volta anche dall'Unione europea che ha ricordato come, trattandosi di una misura generalizzata e riguardante un documento di identità nazionale, la questione non riguarda Bruxelles.
Va detto che già oggi a chi chiede di sostituire la vecchio documento di identità con un nuovo elettronico viene chiesto di lasciare l'impronta del dito indice. Si tratta, però, di una scelta facoltativa. Chi si oppone può lo stesso rinnovare il documento, ricevendo però la vecchia versione cartacea. E anche all'estero non mancano esperienze simili. In Spagna, ad esempio, le impronte fanno già parte del documento fin dal 2002, mentre in Germania è allo studio un progetto analogo in cui però il rilascio delle impronte è facoltativo. Discorso diverso per i passaporti, per i quali una direttiva dell'Unione europea impone a partire dal 2009 le impronte su tutti i documenti validi per l'espatrio.
La vittoria ottenuta in commissione esalta il centrodestra, al quale non sembra vero di essere riuscito a scrollarsi di dosso le accuse di razzismo. A esultare sono, in particolare i tre deputati del Pdl autori del provvedimento, Marco Marsilio, Fabio Rampelli e Massimo Corsaro: «Grazie a questa norma - dicono - è stata spazzata via la strumentale e demagogica polemica montata contro il governo in merito alla vicenda delle impronte ai minori nomadi». Allineato anche Gianni Alemanno: «Quello delle impronte - dice infatti il sindaco di Roma - è un tentativo i creare un'unica spinta verso l'identificazione di tutte le persone, a prescindere dalla nazionalità».
Decisamente contrario Antonio Di Pietro. Per il leader dell'Idv, quella di inserire le impronte digitali nella carta di identità «è una proposta scioccante e provocatoria per attenuare altre scelte razziste e xenofobe fatte dal governo». Ma per l'ex pm sarebbe anche un metodo ormai superato per identificare le persone: «Quella delle impronte è ormai l'ultima soluzione adottata dappertutto - dice - è un meccanismo che non serve, antiquato».